Ciao mamma,
ci siamo sentite ieri sera al telefono, saranno state le 19.30. Stavo preparando la torta di compleanno per Marco. Avevo trovato le candeline al supermercato, in un angolino vicino alle casse. Non era mia intenzione prenderle, visto che non sono prodotti di prima necessità, ma che compleanno sarebbe stato senza una torta con le candeline? Mamma, quanti anni sono che viviamo lontane? Tanti. In tutti questi anni di compleanni trascorsi lontane l’una dall’altra, tu mi hai sempre detto che il compleanno va festeggiato, almeno con una torta, e che le candeline vanno spente. Che va espresso almeno un desiderio. E io ci credo in questo, anche se ieri mi sono sentita un po’ in colpa con quelle candeline in busta.
Sai, c’era un intero reparto con un grande cartello dove c’era scritto “NON IN VENDITA”. C’erano quaderni, penne, matite, colori… Per un attimo ho pensato a tutti, bambini e adulti, che in questo momento hanno tanto bisogno di colorare e disegnare, perché l’arte è terapeutica e fa bene, ma di questo non ne parla nessuno in televisione.
Mamma, l’altro giorno mi hai detto che non volevi alzarti neanche dal letto. Che eri stanca di sentire le stesse cose, che nulla sembrava avere senso. Tu, che sei una che si preoccupa tanto per gli altri, quel giorno eri molto triste. Il tuo pensiero andava alle persone che stavano male, ai morti. Così, per farti distrarre, ti ho detto che tutto questo finirà presto, che forse c’è una cura che stanno testando e che ne usciremo quanto prima, quasi senza accorgercene. Ci vorrei davvero credere in questo, sai? Perché sto facendo molta fatica ad accettare la situazione, in generale. L’altro giorno non te l’ho detto per non farti preoccupare, ma anche io certi giorni trovo che sia durissimo alzarsi dal letto e iniziare una nuova giornata. Ho pensieri ricorrenti, e momenti in cui mi verrebbe da piangere. Quando sto così, resto in silenzio, 15 minuti circa. Chiudo gli occhi e cerco di fermare i pensieri. Questa è una di quelle poche cose che mi danno pace, in questo momento.
Mamma, ti scrivo in questo primo giorno di primavera del 2020. Assurdo, vero? La primavera non è mai stata cosi silente, così fredda. Nulla cambierà rispetto a ieri e all’altro ieri. Non potremo andare fuori e godere del sole. Non potremo fare una passeggiata, ma continuerò a portare dentro l’immagine del mio mare, e delle passeggiate che facevo a Marsala. Quanto mi facevano stare bene quelle passeggiate al lungomare, quando osservavo da lontano i velisti e le isole blu impresse nell’orizzonte. Darei tutto quello che ho in questo momento per essere lì. Invidio chi ha una casa vista mare perché ha la possibilità di vedere lontano e affidare i pensieri bui al mare che pulisce e guarisce ogni cosa.
Sai mamma, quando sono giù di morale i miei pensieri sono molto tristi. Non so come andranno le cose, ma quello che vedo ora è una generazione a metà. Posso sentirmi vicina a chiunque in questo momento, ma se c’è qualcuno a cui mi sento ancora più vicina è la mia generazione. Noi, ragazzi di 30 anni, nel bel mezzo dei nostri percorsi di crescita. A un certo punto si è fermato il tempo, si è fermato tutto. Ed è successo in un momento per noi molto importante, intanto che eravamo presi dai nostri sogni e che si cercava di costruire un futuro, barcollando tra le incertezze della vita. Virus o no, abbiamo sempre vissuto nell’instabilità e nell’incertezza. Niente è stato facile per noi ragazzi di 30 anni. A volte penso che stiamo pagando la pena che avrebbero dovuto scontare altre persone, di altre generazioni.
Eppure, se c’è stato qualcosa che ci ha permesso di attaccarci alla vita con tutte le nostre forze, quello è stato credere nei nostri sogni. La volontà di perseverare, di andare avanti fino a quando c’è ancora benzina nel serbatoio. Non smettere mai di credere in noi stessi e in chi siamo. E proprio a questo mi attacco, mamma. Oggi volevo parlarti di me, apertamente e della luce che illumina le strade di questo incubo che sembra non aver fine. Io, ragazza di 33 anni, barcollo ma avanzo, sorretta da chi mi ama e dai sogni che non mi abbandonano. Nell’avanzare sto provando a fare due cose:
1/ La prima è accettare di essere una persona. Io sono un essere umano. Non si può costantemente avere pensieri positivi, non ci si può imporre di essere zen. La vita è un’altalena, per cui decido di accettare i miei stati emotivi, anche quelli negativi. Ho paura, vero. A volte ho paura, te l’ho scritto. Accetto anche quella, ripeto: Io sono un essere umano. Bisognerebbe parlarne un po’ più spesso delle paure, sostenerci di più gli uni gli altri, perché provare paura è normale in una situazione del genere. Non siamo deboli, siamo persone. Ma anche di questo si parla poco.
2/ La seconda è trovare delle ancore di salvataggio. Quelle ancore che ognuno di noi può trovare dentro sé. Sai, anche stando a casa si possono fare delle cose per stare bene. Scriverti oggi è stata un’ancora per me.
Ho deciso di rendere pubblica questa lettera per i figli come me e per le mamme come te che in questo momento stanno navigando nel nostro stesso mare. Mamme, figli: noi parliamo la stessa lingua, arriviamo dove gli abbracci non possono arrivare, e ci sono cose ben più forti delle parole stesse, e capaci di arrivare molto lontano. Trovate le vostre ancore, i vostri punti fermi. Sperando che presto si torni a navigare acque più tranquille, e più simili al mare blu della mia Sicilia.
Voi dite: “Arriverà il sereno, solo che non sappiamo quando“. Non siete i soli, non siete soli.
6 Comments
michele
una lettera scritta dal profondo del cuore e dalla convinzione che è veramente “dura” soprattutto per voi giovani andare avanti in questo periodo di profonda tristezza e una limitata libertà è qualcosa di meraviglioso sentirlo dire da una figlia come te che,nonostante tutto, invita tutti i giovani ad andare avanti
Enza Maria Saladino
Grazie papà!
Claudia
Le tue parole mi hanno fatto piangere tanto! Vivere lontano da casa, dai propri affetti è di per sé un’esperienza molto difficilea che comunque ci rende forti. Vivere lontano da casa in questo periodo costruisce la tristezza di cui parli tu che diventa il compagno quotidiano. Ma tu sei forte, sei una Donna forte che ha il coraggio di parlare alla sua mamma con le fragilità di chi ha ancora bisogno di essere stretto e rassicurato. Tu, la tua mamma e la tua famiglia siete una forza già solo perché vi amate cosi e io sono profondamente felice di avervi trovati.
Passerà, come ogni cosa del resto e guarderemo indietro con una consapevolezza in più, con un carpe diem in più! Un abbraccio
Claudia
Enza Maria Saladino
Claudia, grazie per aver letto e per aver lasciato un tuo pensiero. Manchi tanto anche tu. Resistiamo. In attesa di abbracciarci più forte che mai.
delilahdevore
In questo periodo vivere fuori casa é ancora più duro di quanto non lo sia normalmente… Un abbraccio da un’altra trentenne!
Enza Maria Saladino
Grazie! Facciamoci forza, torneremo presto ad abbracciarci e non solo virtualmente.